9 Luglio 2025
Come professionista che ha costruito Social Media House da zero, sento il bisogno di offrire un punto di vista diverso. Non perché l’AI non sia utile — lo è, eccome — ma perché ridurre tutto a una questione di efficienza rischia di farci perdere di vista qualcosa di essenziale: il valore insostituibile del pensiero umano.
L’efficienza è seducente.
La velocità crea dipendenza.
E l’intelligenza artificiale è, a tutti gli effetti, il “yes-man” più economico e instancabile del mondo.
Non ha orari, non chiede aumenti, non vuole premi. Ti dà subito ciò che chiedi, anche se magari non è quello di cui hai veramente bisogno.
Quando i budget si riducono, le aspettative aumentano e serve mostrare grafici in cui la produzione cresce e i costi calano, l’AI è una tentazione forte.
È una scelta intelligente.
È, a volte, una questione di sopravvivenza.
Ma nessuno parla di ciò che questa efficienza sta lentamente erodendo: la nostra capacità di pensare.
Parliamo poco del marciume cerebrale.
Quel processo silenzioso ma costante che si innesca quando iniziamo a delegare, senza equilibrio, la parte più preziosa e pericolosa del nostro lavoro: il pensiero critico.
Negli ultimi mesi ho letto diversi studi che dicono la stessa cosa: più ci affidiamo all’AI per i processi cognitivi, più perdiamo l’allenamento mentale per affrontarli in autonomia.
E quando il pensiero diventa pigro, tutto il resto lo segue.
Sì, oggi l’AI può generare trenta varianti di un annuncio prima ancora che il caffè sia pronto. Ma quando tutti hanno accesso agli stessi strumenti, iniziano a produrre risultati simili.
Più rapidi, ma sempre più uguali.
L’originalità diventa un ricordo, la creatività si appiattisce.
Non è questione di essere contro l’intelligenza artificiale.
È una questione di uso consapevole.
L’AI può — e deve — essere un amplificatore della nostra visione, non il sostituto della nostra voce.
Il vero valore creativo nasce ancora da chi è capace di fare scelte inaspettate, di contaminare il pensiero con esperienze vissute, tensioni vere, sensibilità autentica.
Non da chi “aggiusta” i prompt fino a ottenere un risultato vagamente umano.
In un panorama in cui l’omologazione cresce di giorno in giorno, l’unico vero vantaggio competitivo è — paradossalmente — tornare a pensare.
Con la testa. Con coraggio. Con tempo.